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Aziende

Roagna: la ricchezza delle Langhe è un terreno povero!

Fra le cose che più hanno segnato una bella giornata in compagnia di Luca Roagna c’è sicuramente la frase riportata nel titolo, pronunciata dallo stesso e che racchiude la filosofia produttiva dell’azienda, che nasce con il nonno di Luca.

Infatti la storia, di stampo familiare, ha inizio nel 1929 quando la nonna Maria Candida, promessa in sposa al nonno Giovanni porta in dote una parcella della vigna Montefico di Barbaresco.

Nel 1953 nonno Giovanni compra il vigneto Pajé, da cui vengono prodotti i vini più celebrati, poi  l’amico di tante partite a scopa, non avendo eredi, decide un bel giorno di offrirgli la possibilità di rilevare una parcella di 0,22 ettari dell’altro celebre cru di Barbaresco, Asili;  nonno Giovanni non si lascia sfuggire l’occasione!..

 

Il vigneto Pira

 

 

 

 

 

Il parco vigne, si completa nel 1989 con l’acquisto di una antica cascina langarola e relativo terreno a Castiglion Falletto nel cru Pira: 2 ettari di vecchie vigne (risalenti al 1937) di Nebbiolo, inserito in un contesto bellissimo lungo le colline fino a scendere al confine del bosco posto nella parte bassa della proprietà.

Recentemente la ristrutturazione della cascina è stata completata anche con la creazione di una moderna cantina scavata nel terreno sottostante,  cantina dove vengono lavorati tutti i vini dell’azienda, tranne i Barbaresco.

Il progetto vitivinicolo dell’azienda Roagna si fonda sulla salvaguardia del patrimonio storico ricevuto in eredità, sia che si parli del mantenimento della biodiversità dei terreni all’interno del vigneto, con un approccio non-interventista, (p.e. inerbimento naturale, rimpiazzo delle fallanze con la pratica tradizionale della margotta, ovvero la propagazione delle piante in vigna, facendo radicare un ramo ancora collegato alla pianta madre.), sia che si parli delle pratiche di cantina.

i terreni delle Langhe

“Perché le Langhe sono sempre stati terreni poveri, se fossero stati fertili non si sarebbero piantate le viti, in passato, ma coltivato mais”   ( Luca Roagna)

Il suo non intervenire in alcun modo sul terreno e sulle viti, utilizzando solo zolfo e rame in quantità minime anche grazie all’età delle piante, ci fa venire dubbi sul motivo per cui l’azienda non si fregi della certificazione Biologica.

Luca ci risponde che questo poteva avere senso diversi anni fa, oggi che questo atteggiamento sembra essere una scelta obbligata o una “moda” non c’è un vero motivo per farlo.

Le viti che vengono accolte su un terreno vivo

Anche l’approccio biodinamico non è valutato opportuno per le vigne di proprietà, in quanto “esse sono vive” e introdurre batteri diversi in un habitat ormai integro  potrebbe introdurre fattori di disequilibrio.

A fronte di una produzione che nei filari delle piante più vecchie arriva a stento ai 30 quintali per ettaro, non si effettua mai la vendemmia verde, ricercando piuttosto la piena maturazione dell’uva.

Cosi per decidere il momento di vendemmiare si utilizza il vecchio sistema dell’assaggio dei vinaccioli e la ricerca della presenza della prima goccia sull’acino ormai maturo a dovere.

La cantina interrata permette di lavorare per gravità al momento della vendemmia, garantendo un uva più integra, anche se l’elemento fondamentale è la qualità dell’uva che arriva in cantina.

Video3 (in cantina)

Per garantire le corrette fermentazioni, si seleziona anticipatamente una piccola quantità di uve che viene fatta fermentare in anticipo con lieviti aziendali.

Le botti di rovere

le vasche di cemento

La fermentazione e la macerazione nelle botti di rovere avviene mediante una vecchia tecnica delle langhe che ad oggi poche famiglie ancora praticano: la steccatura (ovvero il cappello sommerso).

Consiste nel mettere delle assi sopra le botti aperte dove il vino sta fermentando; si pongono sopra il cappello e debbono essere più grandi dell’apertura della botte per non farlo uscire, nel frattempo lo si bagna con il mosto, che inizialmente era stato prelevato e lasciato in un recipiente all’inizio della fermentazione, immettendolo dal basso. Questo sistema crea una situazione che riproduce per un tempo limitato l’invecchiamento in legno durante la macerazione.

Si fanno meno rimontaggi possibili ( uno al giorno) prima della steccatura, dopo la quale ogni azione non necessaria viene bandita, questo viene ad essere un procedimento poco aggressivo , che da una parte penalizza il rilascio di colore nel vino ma garantisce una maggior stabilità.

Macerazioni lunghe e invecchiamento vengono fatte in botti con legni di grosso spessore (ca. 10 cm) , in quanto l’ossigenazione richiesta è ridotta.

Al termine del periodo di affinamento nei legni grandi , i vini vengono posti in contenitori di cemento vetrificati, dove vi rimarranno per un tempo paragonabile a quello in legno, prima del necessario ultimo passaggio in bottiglia.

Consideriamo che ogni vino prevede un tempo di affinamento di circa 5 anni, tranne il Crichet Pajé, che solitamente affina almeno altri 3/4 anni in più. 

L’azienda produce circa 60-70 mila bottiglie l’anno di cui circa 30 mila di Barolo e di Barbaresco.

le bottiglie che riposano in cantina

La visita in azienda, finisce in cantina dove vengono prelevate alcune bottiglie che vengono assaggiate senza ulteriori passaggi: colori difficili da valutare ma fascino dell’ambientazione assicurato!

 

Le bottiglie che abbiamo assaggiato, sono prive di etichetta ma il controllo visivo è stato quasi spontaneo , cosi da osservare Luca mentre si recava a prenderle nelle diverse cataste di stoccaggio.

 

 

Barbaresco Pajé 2012

Note balsamiche e speziate si fondono con profumi di agrume, agrume che si ritrova anche nella retroolfattiva. Il tannino è vivo e un finale di spezie dolci chiude l’assaggio. Giovane e vigoroso.

Barbaresco Asili Vecchie Vigne 2012

Note floreali e di sottobosco anticipano sentori di spezie dolci, un tannino elegante sorregge una bella nota minerale e un finale di mandorla amara ci lascia un bellissimo ricordo di questo vino.

Barbaresco Montefico 2012

Note di viola e piccoli frutti rossi si fondono con spezie orientali. Armonico, elegante e un tannino scattante che anticipa un finale di arancia rossa e note balsamiche. Qui la qualità della vigna emerge sin da subito con una prontezza ed una rotondità davvero inusuale.

Barbaresco Pajé Vecchie Vigne 2012

Note floreali, con rosa e viola in evidenza, anticipano profumi di spezie dolci, amarena e eucalipto, un tannino irruento ma elegante si mette da subito in evidenza. Il finale è entusiasmante con note di arancia rossa, pepe nero e eucalipto che invitano al riassaggio. La texture vellutata non dissimula una grande potenza.

Barbaresco Crichet Pajé 2008

Un vero e proprio fuoriclasse. La sua fama trova tutte le conferme, un vino che riposa per quasi 9 anni prima di essere messo in commercio. Note floreali di rosa e viola si fondono con note balsamiche e speziate, l’assaggio mette in evidenza la sua grande eleganza con un tannino ben levigato che fa da cornice a sapori di spezie e note balsamiche. Il finale di arancia rossa è la lieta conclusione di questo bellissimo assaggio.

Barbaresco Pajé Vecchie Vigne 2010

Un vino molto austero con frutta rossa e spezie in evidenza, molto ricco con un tannino elegante ma non ancora addomesticato, finale speziato per un vino che occorrerà aspettare ancora qualche anno prima di goderne appieno.

Barolo  Pira 2012

Profumi di fiori, viola e rosa, si fondono con spezie, note balsamiche e profumi di sottobosco, il tannino è ancora indomito ma godibile, un finale balsamico lascia un ricordo lunghissimo di questo vino.

Barolo  Pira Vecchie Vigne 2012

Da una selezione delle vigne più vecchie nasce un grande vino,  profumi di chiodi di garofano, liquirizia, eucalipto e frutti di sottobosco ci introducono ad un assaggio dove un tannino elegante e profondo ancora scalpitante, incornicia una grande ricchezza e un finale di agrume ci lascia con il desiderio di provare un nuovo assaggio tra alcuni anni.

Luca Roagna e vini assaggiati prima in cantina e poi a pranzo

Finiamo questa bellissima visita davanti ai piatti tipici piemontesi e ai vini di Luca che lasceranno nelle nostre menti un ricordo che non dimenticheremo per tantissimi anni.

Daniele Moroni e Stefano Ronconi

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