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Osteria dell'Elefante - 01 Particolare

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L’Osteria dell’Elefante ed il Castello di Torre in Pietra

Quando all’interno di un’azienda vinicola nasce un ristorante con obiettivi di qualità, siamo sempre molto curiosi di fare una prova di assaggio della relativa cucina, soprattutto se ci troviamo in una località non distante da Roma.

Così ci siamo recati presso il Castello di Torre in Pietra (che è anche il nome dell’azienda vinicola) per capire cosa combinava quell’istrionico personaggio di Filippo Antonelli, proprietario della cantina e della nuova Osteria dell’Elefante (nonchè titolare anche dell’azienda Antonelli a Montefalco)

L’Osteria dell’Elefante è aperta tutti i giorni a pranzo, venerdì sabato e domenica anche a cena; giorno di chiusura: mercoledì.

Osteria dell’Elefante –  A sinistra il produttore di vino Filippo Antonelli, al centro lo chef Marco De Luca

Ma prima di raccontarvi le nostre sensazioni vi diamo qualche cenno di storia del Castello e alcune indicazioni sulla cantina, tratte dal Comunicato Stampa inoltrato ai giornalisti:

La Cantina

La cantina Castello di Torre in Pietra è parte dell’antica Tenuta di Torre in Pietra che abbracciava un vasto territorio a cavallo della via Aurelia, l’antica Via Romana, a soli 25 km da Roma, in comune di Fiumicino. Si trova all’interno del Castello di Torre in Pietra, un suggestivo borgo medievale, a ridosso della torre da cui prende il nome l’azienda, in uno scenario di grande bellezza. La cantina fu ricavata scavando sotto una collina in tufo (formatasi dalle ceneri del vulcano di Bracciano) e impiegata per la produzione del vino a partire dal ‘600. Nel 1938 la cantina venne ampliata e, nel corso degli scavi, furono ritrovati numerosi resti di elefanti preistorici (Elephas Europeus).

 

La Storia

Il Castello di Torre in Pietra in epoca romana era un insediamento agricolo. Nel medioevo con la nobile famiglia Aldobrandeschi divenne centro agricolo fortificato, poi nel ‘500 fu acquistato da Papa Sisto V Peretti per la sorella Camilla e trasformato in residenza di campagna. Nel ‘700 con il passaggio alla famiglia Falconieri venne ulteriormente trasformato e abbellito. Nel 1926 la tenuta viene acquistata da Luigi Albertini, storico direttore del Corriere della Sera e nonno degli attuali proprietari del Castello. Fu Luigi Albertini, coadiuvato dal figlio Leonardo e dal genero Nicolò Carandini, ad avviare una grande opera di bonifica della tenuta e a introdurre, tra i primi in Italia, la razza bovina frisona per la produzione di latte. La tenuta di 2.500 ettari fu infatti indirizzata alla produzione e trasformazione lattiero-casearia, creando il noto marchio “Torre in Pietra”; nella parte collinare furono ampliati i vigneti.

 

I Vigneti

Oggi l’azienda di Filippo Antonelli (che produce vino anche a Montefalco, in Umbria) e del cugino Lorenzo Majnoni (la cui famiglia Majnoni Guicciardini produce Chianti in Val d’Elsa) può contare su 150 ettari, dei quali 52 coltivati a vigneto. Tra le varietà a bacca bianca troviamo il Vermentino, lo Chardonnay, il Fiano e la Malvasia Puntinata; tra quelle a bacca rossa il Montepulciano, il Sangiovese, il Merlot, il Syrah e il Cesanese.

Le vigne, tutte coltivate secondo i dettami dell’agricoltura biologica, ricadono nel territorio del comune di Fiumicino, nell’ambito della DOC Roma.

I terreni sono leggermente collinari, con un’altitudine media di 50 metri sul livello del mare. Sono terre di origine pleistocenica, ricche di detriti marini, in parte franco-sabbiosi (utilizzati per i vitigni a bacca bianca), in parte franco-argillosi (per quelli a bacca rossa). Il sistema di allevamento è a filari a cordone speronato basso e guyot, la densità di impianto di 5.000 ceppi/ettaro.

I vigneti con esposizione sud e ovest, le moderne attrezzature, la competenza dei tecnici in vigna e in cantina, sono tutti aspetti determinanti per la produzione di un vino di qualità.

 

I Vini

La produzione complessiva di vino è di circa 200 mila bottiglie l’anno, posizionate in un segmento di mercato dall’ottimo rapporto qualità/prezzo. Dal 2011 tutti i vini imbottigliati sono certificati Bio.

L’Osteria dell’Elefante

Un’osteria nella grotta di Castello di Torre in Pietra. E’ l’Osteria dell’Elefante, nome dedicato agli elefanti preistorici che da 400mila anni riposano nella collina di tufo, sorta dalle ceneri del vulcano di Bracciano, dove maturano i vini bianchi e rossi di Filippo Antonelli e Lorenzo Majnoni. Il menu stagionale è preparato il più possibile con prodotti biologici e locali, in parte coltivati nella stessa azienda agricola di Castello di Torre in Pietra (legumi, pasta di farro, olio extravergine d’oliva). In cucina lo chef romano Marco Di Luca, classe ’74. Il locale propone i piatti della campagna romana in abbinamento ai vini delle tre cantine di famiglia: Castello di Torre in Pietra; Antonelli San Marco in Umbria e Majnoni Guicciardini in Toscana.

 

Lo Chef

Marco Di Luca nasce a Roma nel ‘74. Il suo periodo di formazione nella ristorazione comincia in qualificati ristoranti e alberghi d’Italia ed Europa tra i quali “Antico Arco ristorante” di piazzale Aurelio,” Hotel Parco dei Principi”  a Porta Pinciana e alla ”Brasserie Blanc” a Bristol dove perfeziona la propria conoscenza e passione culinaria.  Dal  2007 al 2009 assume la gestione di “Vinosteria” ristorante in via dei Sabelli a Roma.Fonda nel 2009 “Frontemare” Ristorante e Aperitivo a Ladispoli.”

Eccoci quindi a riferirvi dei nostri assaggi.

 

Partiamo dall’Osteria dell’Elefante

L’impressione è quella di una convincente cucina locale con una ottima selezione di materie prime, in gran parte biologiche e coltivate in azienda.

Ecco qualche esempio delle pietanze che potete trovare:

Pasta Phyllo con parmigianina di zucchine, burrata e pesto

Cacio e pepe e fiori di zucca

Filetto di manzo in crosta di patate, crema di zucchine, tortino di cipolla e riduzione di Sagrantino

 

Osteria dell’Elefante – Lo spazio vendita della cantina Castello di Torre in Pietra e in fondo l’Osteria dell’Elefante

Sala dell’Osteria dell’Elefante nella cantina Castello di Torre in Pietra

 

Vini del Castello di Torre in Pietra

L’azienda vinicola è uno degli esempi di ripresa del percorso qualitativo dell’enologia laziale.

Abbiamo assaggiato una serie di etichette di buon livello.

Questi i due vini che abbiamo preferito:

Roma DOC Malvasia Puntinata 2017: sapidità, freschezza e mineralità sono al centro dell’assaggio, seguite da progressività del sorso e lunghezza gustativa.

 

Terre di Breccia 2013: sontuoso, avvolgente, con struttura e materia in evidenza, senza trascurare però freschezza e dinamicità di beva.

 

Vini fuori programma

Essendo Filippo Antonelli titolare dell’omonima azienda a Montefalco non potevamo esimerci dall’assaggiare anche tre etichette umbre:

Spoleto DOC Trebbiano Spoletino Trebium 2017: Filippo Antonelli è stato tra i primi a credere nel Trebbiano Spoletino ed i risultati si vedono: note speziate, di agrumi, di erbe aromatiche, si accompagnano a materia e lunghezza. Il finale gioca su ricordi salmastri e su una piacevole scia salina.

Montefalco Sagrantino 2012: nonostante l’annata calda, freschezza ed acidità bilanciano una nota di frutta matura e un leggero tono alcolico. Chiude con sensazioni di cuoio e spezie orientali.

Montefalco Sagrantino Chiusa di Pannone 2010: complesso, elegante, pone in evidenza struttura e lunghezza gustativa ed un bellissimo finale di macchia mediterranea e ricordi balsamici. Un piccolo capolavoro.

 

Come detto in apertura, Filippo Antonelli è un personaggio istrionico, e tra le varie attività in cui è impegnato, si è imbattuto (con degli altri soci) nella produzione di uno straordinario Vermouth:

Vermouth Rosso Antica Torino: lo descriviamo con le parole di Carlo Bertilaccio (uno degli autori di Vinodabere):

“Le essenze selezionate per il vermouth sono tredici e conferiscono il giusto equilibrio a un gusto che, pur richiamandosi a tempi andati, offre sfumature dolcemente graffianti che ben si adattano a un sapore netto e forte. Chissà, se il conte Negroni avesse potuto assaggiarlo (siamo a Firenze intorno al 1920) forse avrebbe atteso ancora un po’ prima di scomodarsi a inventare il cocktail che da allora porta il suo nome. Perché Antica Torino non è un Vermouth che accarezza il palato: piuttosto, in virtù delle sue essenze, lo stimola con grazia e lo (pre)dispone ad altro, sia questo cibo o conversazione.

Certo, se poi lo si sposa a un GIN (meglio se London Dry) non può che trovare un’ideale cassa di risonanza per i suoi sentori. Ma spendiamo qualche parola sulle tredici erbe (Genziana, Aloe,Rosmarino, Vaniglia, Rabarbaro, Alloro, Zenzero, Timo, Cumino, Pompelmo,Genepy, Origano e Assenzio): dopo una lunga macerazione in alcol (30 giorni) vengono aggiunti zucchero di canna, mosto di Moscato e vino Trebbiano.

Il risultato propone all’olfatto la dolcezza della vaniglia insieme alla freschezza delle erbe officinali con un finale caratterizzato da una piacevole scia agrumata.

Al gusto le note dolci si alternano con quelle amare piccanti e agrumate (rabarbaro e zenzero, genziana e pompelmo, e infine assenzio).

Insomma, un’esperienza olfattiva e gustativa di grande persistenza.”

 

 

 

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