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Romano Dal Forno. La lungimiranza di un vigneron che ha contribuito a rendere grande la Valpolicella

Esistono interpreti del territorio che riescono a trasferire nel calice la vera poesia di un luogo, i suoi profumi e la sua storia oltre ogni moda del momento, capaci di regalare emozioni preservandone il ricordo, uomini ossessionati dalla perfezione e sempre alla ricerca della stessa.

Ingresso principale

 

È questa la conclusione a cui siamo giunti dopo aver lasciato la tenuta Dal Forno, varcando un elegante e imponente cancello che già all’arrivo ci aveva lasciato presagire che qui, in azienda, in cantina ed in vigna nulla, ma proprio nulla, è lasciato al caso. Ma procediamo per gradi.

Siamo nella Val d’Illasi, una zona ad est di Verona, ed è qui che Romano Dal Forno è cresciuto a stretto contatto con il mondo agricolo. La sua famiglia, infatti, produceva uva da ben tre generazioni in un contesto in cui si era soliti consegnare gran parte del raccolto alla cooperativa locale. Ma Romano, perfezionista nell’animo, sin da giovane aveva un sogno, un’idea, un progetto.

Ad accoglierci all’arrivo Luca Dal forno, figlio di Romano ed enologo aziendale che sin da subito, accompagnandoci a visitare i vigneti situati proprio dietro la tenuta in località Lodoletta a 290 metri s.l.m., ci conquista raccontando la storia della sua famiglia, soffermandosi su quell’incontro che avrebbe poi dato origine all’inizio dell’avventura. Ebbene sì, la conoscenza del maestro Giuseppe Quintarelli e della sua filosofia produttiva spronarono Romano a produrre autonomamente il suo vino e secondo i dettami della qualità, anche se lo stesso maestro non credeva molto nella potenzialità espressiva territoriale della Valle d’Illasi.

Ma Romano non si fece scoraggiare, frequentò la Scuola Agraria e col passare degli anni cominciò a comprendere come andava gestito il vigneto, aumentando la fittezza d’impianto per arrivare a grandi concentrazioni estrattive ed intuì, tra i primi, l’importanza dell’Oseleta nell’uvaggio per colore, acidità e tannini.

Grappolo di Oseleta

Attualmente, nei 33 ettari totali divisi tra proprietà e affitto, la densità oscilla tra gli 11.000 e i 12.800 ceppi per ettaro, si eseguono diradamenti mirati per ottenere 50/60 quintali per ettaro di resa finale. Ogni vigneto è dotato di impianti di irrigazione «goccia a goccia» attivati solo dopo che le piante sono andate in leggero stress idrico.

Impianto goccia a goccia

La prima annata significativa fu quella del 1983 realizzata quasi in maniera artigianale, senza troppe strumentazioni e tecnologie e così fino agli anni ’90, quando Romano decise di guardare al futuro rinnovando completamente la cantina, concependola come il luogo in cui tradizione della vigna e tecnologia si sposano perfettamente, vivendo in piena armonia. Il luogo in cui la ricerca della qualità sfiora l’esasperazione ponendosi per ogni annata sempre come una nuova sfida. E oggi in questa cantina Luca, Michele e Marco insieme a papà Romano, sono gli attori, interpreti e protagonisti di tutte le fasi di lavorazione, preservando quello spirito aziendale familiare da cui tutto è nato.

In cantina le fermentazioni sono veloci (12/15 giorni) ed a temperatura controllata. Le sei vasche, sostituite nel 2008, eseguono la follatura mediante 4 pistoni automatizzati e indipendenti mossi da un motore elettrico per evitare contaminazioni. Si ricerca, quindi, la massima estrazione, ma con la massima delicatezza.

Vasche ad imbuto

Dopo la fermentazione il vino viene trasferito in altre vasche da forme particolari ad imbuto ove resta per un mese realizzando una sorta di decantazione statica. Il tutto, in queste fasi, avviene senza aggiunta di solforosa grazie all’assenza di ossigeno in vasca realizzata mediante azoto.

Interno della cantina

Tutta la cantina è gestita da un computer che controlla le singole vasche, la temperatura, i tempi delle follature ed un sistema di lavaggio delle vasche che utilizza rigorosamente solo acqua calda a 75° di temperatura utilizzando una pressione di 150 bar per 80 litri di acqua al minuto.

 

Scendendo 11 metri sotto terra si raggiungono i locali di affinamento che ci sorprendono per l’incredibile bellezza e la cura dei dettagli, sembra addirittura di essere in un museo. Qui la barricaia, tutta composta da barrique nuove di rovere francese e americano, ospita il vino per due anni (tutti i vini passano due anni in barrique e poi quattro/cinque in bottiglia prima di essere commercializzati).

Sala appassimento delle uve

Ma il luogo in cui si percepisce in modo ancor più spiccato l’inventiva e l’ingegno della famiglia è nella sala dell’appassimento delle uve dove i grappoli riposano in cassettine geometricamente posizionate in maniera perfetta. Un esclusivo sistema di ventilatori mobili lavorano costantemente per mantenere l’aria in movimento, preservando sempre le condizioni ottimali per un lento e progressivo appassimento ed evitando l’insorgere di muffe. Le uve del Valpolicella vengono essiccate per circa un mese e mezzo quelle per l’Amarone circa tre mesi. L’intero sistema è controllato da un computer anche in grado di aprire e chiudere le finestre del locale per ripristinare sempre le condizioni ottimali programmate.

 

Ma cosa si ottiene da tanta meticolosa ricerca della perfezione? Arriva finalmente il momento di raggiungere la sala degustazione dove per qualche minuto interrompiamo la piacevole chiacchierata con Luca per dare spazio e voce ai vini.

Valpolicella Superiore Monte Lodoletta 2011

Valpolicella Superiore «Monte Lodoletta» 2011, ottenuto da uve Corvina, Corvinone, Croatina, Oseleta e Rondinella. Rubino impenetrabile alla vista. Elegante e deciso all’olfatto, sprigiona sentori di ciliegie e prugne mature che lasciano il passo a sentori di caffè, catrame e grafite. Imponente al gusto con tannini ben presenti sorretti da un’acidità equilibrata e delicata morbidezza. Finale lunghissimo e dalla lenta dissolvenza.

Amarone della Valpolicella Monte Lodoletta 2011

Amarone della Valpolicella «Monte Lodoletta» 2011, da una selezione di uve Corvina, Corvinone, Croatina, Oseleta e Rondinella. Compatto alla visiva sorprende per l’esuberante complessità olfattiva. Frutta nera surmatura impreziosita da complessi richiami a sentori di cioccolato, spezie dolci e tabacco. Grande struttura e potenza con tannini magistralmente estratti capaci di calmierare un’esuberanza alcolica e di condurre ad un finale di sorprendente persistenza.

Passito dolce Vigna Seré 2004

Passito Dolce «Vigna Seré» 2004. Seré è il Recioto di casa Dal forno prodotto solamente nelle migliori annate (la 2004 è l’ultima annata prodotta), con rigorosa selezione di uve Corvina, Corvinone, Croatina, Oseleta e Rondinella, coltivate, per l’appunto, in località Monte Seré. Il vino preferito da Luca ci confessa e come dargli torto. Conquista e seduce al naso con un bouquet dalla decisa personalità. Spezie scure, cacao amaro, moka e uva passa. Denso, opulento, setoso e perfettamente equilibrato nella sua dolcezza ben bilanciata da ancora intensa freschezza e nella trama tannica vellutata. Davvero lunghissima la persistenza. A nostro parere è con il Seré che esce fuori tutta la magia del territorio. Quella Valle d’Illasi che oggi grazie proprio alla famiglia Dal forno può accomodarsi tra i grandi terroir a vocazione enologica.

Luca Dal forno ed il suo vino preferito

E’ giunto il momento di salutare Luca. Lo facciamo chiedendogli cosa ne pensa delle mode nel mondo del vino e, soprattutto, del fatto che a vini potenti come l’Amarone oggi si tende a preferire vini più immediati e sottili. La risposta ci colpisce molto. “Noi facciamo vini che durino nel tempo per regalare emozioni”.

E le emozioni si sa, aggiungiamo noi, non seguono le mode, non hanno spazio, non hanno tempo.

“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.” In queste parole la condivisione di una nostra passione e la voglia di comunicarla. Salvatore Del Vasto, laureato in Giurisprudenza e da sempre appassionato di vino, diventa prima sommelier, poi frequenta il Bibenda Executive Wine Master di Fis e poi consegue il diploma di Master presso l’Università di Tor Vergata in “Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche”. Sabrina Signoretti, laureata in Scienze Politiche, coltiva la sua passione diventando sommelier del vino, assaggiatrice di oli di oliva vergini ed extra vergini e sommelier dell’olio extravergine di oliva dell’AISO. Una delle qualità nascoste, la spiccata attitudine per la fotografia.

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