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Sei alleati per la rinascita del Vino Nobile di Montepulciano

La storia recente del Vino Nobile di Montepulciano è a suo modo singolare nella vicenda complessiva del vino italiano, che di certo non manca di racconti avventurosi e a volte inspiegabili. Quello che è uno dei vini di più antico lignaggio della Penisola (ancor prima che venisse cantato, nel Seicento, dal Redi col suo fin troppo citato “Bacco in Toscana”) ha dovuto subire negli ultimi decenni:

1) l’esplosione mediatica e commerciale del Brunello di Montalcino, fino alla metà del secolo scorso sconosciuto ai più, con la sola eccezione di Biondi Santi e un altro paio di aziende storiche;

2) la ripartenza del Chianti Classico, dopo un periodo di declino durato più o meno fino all’inizio degli anni Ottanta;

3) la nascita di un nuovo polo toscano sulla costa, a Bolgheri e dintorni, basato su vitigni e stili internazionali;

4) il successo, ancorché effimero, del Morellino di Scansano.

E non va dimenticato lo sciagurato equivoco, ancora irrisolto dopo anni di chiacchiere inutili, con il Montepulciano d’Abruzzo: un’omonimia che genera confusione nel consumatore italiano, figuriamoci all’estero.

Quello che brucia di più è comunque il paragone con Montalcino, distante poco più di 30 km e capace di creare un gioiello economico a prova di bomba, con quotazioni (di bottiglie e di vigne) in crescita esponenziale, in un’ascesa apparentemente irreversibile. Eppure la storia, i flussi turistici, favoriti dalla vicinanza dell’autostrada, e anche il terroir, dal clima più temperato, dovrebbero avvantaggiare i vignaioli di Montepulciano. Macché… il distacco tra potenzialità inespresse e realtà è di anno in anno sempre più evidente.

Da amante della prima ora (un romano che si interessa di vino non può che cominciare la sua “palestra” dalla provincia senese, come feci io alla fine dello scorso millennio), mi permetto di fare tre ipotesi.

La prima: Montalcino ha avuto fortuna grazie all’arrivo della famiglia italo-americana Mariani, che ha rilevato negli anni Settanta Castello Banfi e in pochi anni ha letteralmente imposto in uno dei mercati più importanti, quello degli USA, il nome Brunello.

La seconda: a differenza del Chianti e di Montalcino, in quest’area gli arrivi di nuove proprietà dall’estero sono stati sporadici: ciò non ha aiutato Montepulciano a superare una visione imprenditoriale un po’ ristretta, condizionata da campanilismo e provincialismo.

La terza: il Vino Nobile ha vissuto gli anni della rinascita del vino italiano, gli ultimi trenta più o meno, senza riuscire a darsi un’identità stilistica precisa, anche a causa di un disciplinare di denominazione che ha consentito, accanto al 70% minimo di Sangiovese (qui chiamato Prugnolo Gentile), l’uso di svariate uve a bacca nera, dagli autoctoni Canaiolo, Colorino e Mammolo ai francesi Cabernet Sauvignon e Merlot. La differenza tra produttori tradizionali e modernisti rimane a tutt’oggi enorme, anche in un contesto eterogeneo come la Toscana.

Per tutte queste ragioni, non posso che accogliere con favore la notizia che sei tra i più importanti produttori di Vino Nobile hanno deciso, finalmente, di gettare il sasso nello stagno e tentare di dare una svolta alle sorti di un territorio sonnacchioso e di una denominazione condannata a restare in un cono d’ombra, mentre le consorelle toscane sono costantemente sotto le luci dei riflettori. Antinori – La Braccesca, Avignonesi, Boscarelli, Dei, Poliziano, Salcheto: queste le aziende, tra le più significative di Montepulciano, che hanno deciso di associarsi nella “Alliance Vinum”. Tornando a quanto scritto sopra, è da notare che uno dei promotori più convinti dell’iniziativa sia l’ultima arrivata, la belga Virginie Saverys che ha rilevato Avignonesi una decina di anni fa.

L’arma che i “magnifici sei” vogliono utilizzare per rilanciare la fama e il successo del Vino Nobile nel mondo è semplice ma mi pare di grande efficacia: produrre un vino da solo Sangiovese in purezza (come consente il disciplinare). L’ambizione, non del tutto campata in aria, è dimostrare che queste vigne, dal clima più mite grazie alla lontananza dalla costa e al vicino lago Trasimeno, possono dare uve di una qualità paragonabile a quella raggiunta a Montalcino. Per quanto riguarda l’omonimia con i vini abruzzesi, invece, l’idea è di valorizzare, fin dall’etichetta, la parola “Nobile” rispetto al comune di provenienza; ma l’argomento, toccando norme di carattere burocratico, è delicato e andrà verificato passo dopo passo.

I primi “super Nobili” sono dell’annata 2015 e andranno in commercio non prima di settembre. Li abbiamo potuti assaggiare alcuni giorni fa e ne diamo qui un primo riscontro. Sono ancora in affinamento e il nostro giudizio non può che esserne condizionato, ma fin d’ora quello che individuiamo è una certa coerenza stilistica soprattutto sul piano olfattivo, caratterizzato da una ciliegia/amarena sempre in primo piano, ma anche nella docilità dei tannini e dolcezza del frutto, probabilmente a causa dell’annata calda.

Vino Nobile di Montepulciano 2015 – La Braccesca (Antinori). Le uve provengono dal vigneto Maggiarino, a Cervognano. Naso singolare, simile a una Grenache, con speziatura dolce e lievi cenni boisè; in bocca ha un buon equilibrio tra frutto maturo e sale.

Vino Nobile di Montepulciano 2015 – Avignonesi. La vigna si chiama Poggetto di Sopra, nella zona di Argiano. Profumi con speziatura evidente (pepe), sbuffi balsamici, alcol; grandissima bevibilità, agile e molto persistente con coda leggermente amarognola.

Vino Nobile di Montepulciano 2015 –Boscarelli. Il sangiovese è quello della Vigna Grande, contigua al famoso Nocio. Molto fruttato all’olfatto, bacche nere, fragola, un po’ di legno residuo; palato sottile ed elettrico, bella dinamica, elegante, gli manca solo un po’ di polpa ma il finale è lungo e appagante.

Vino Nobile di Montepulciano 2015 Bossona –Dei. Dal migliore cru aziendale, ben noto agli appassionati. Naso sottile di sottobosco, agrumi scuri e tostatura; di grande struttura in bocca, monumentale, tannino ricco, da arrotondare, molto profondo e caldo.

Vino Nobile di Montepulciano 2015 –Poliziano. Avete presente l’Asinone? Scordatevelo! Vino sorprendente per chi conosce lo stile di Carletti, ottenuto dall’antica vigna delle Caggiole, ricca di fossili marini. Profumi intensi, cacao e scorza d’arancia, nuances vegetali; travolgente dinamica gustativa, sale e acidità in primo piano, fine e distinto.

Vino Nobile di Montepulciano 2015 Salco –Salcheto. Michele Manelli ha deciso di “prestare” all’Alliance la sua etichetta più prestigiosa. Olfatto che è un omaggio alla tradizione, molto esplicito, fiori appassiti, frutta matura, spezie, sottobosco; un po’ caldo al palato (è il carattere dell’annata), tannini da distendere ma è vibrante e persistente.

Un ringraziamento particolare, per l’ospitalità, va a Caterina Dei dell’azienda omonima, a Max de Zarobe di Avignonesi e a Luca de Ferrari di Boscarelli. 

Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…

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