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San Giovenale un piccolo lembo di Francia nel Viterbese

Ci troviamo nel territorio Blera, piccola cittadina del Viterbese, dove dai monti Cimini il nostro sguardo riesce a scorgere il mare (Tarquinia). Un’azienda con poco più di un decennio di vita, che sta bruciando tutte le tappe nell’ambito vitivinicolo, puntando su vitigni che poco hanno a che fare con la viticoltura locale,  le cui origini pongono le basi in tempi lontani, quando il popolo etrusco risiedeva in queste terre.

Parliamo dell’azienda San Giovenale (il cui nome deriva da una necropoli etrusca in prossimità dell’azienda) nata l’11 Agosto 2006, quando Emanuele Pangrazi, in vacanza con la famiglia in questi luoghi, si innamora di quei “colli da cui riusciva a vedere il mare “.

Territorio  senza grandi tradizioni dal punto di vista vinicolo anche perché i vitigni tipici di questo territorio, Sangiovese e Montepulciano in primis, non sembravano dare il  meglio di sè su terreni per lo più argillosi.

Eppure il microclima di questo zone sembra essere ideale per la coltivazione della vite. Il Libeccio proveniente dal mare, garantisce un inverno più temperato ed un estate più fresca e i monti Cimini garantiscono la protezione dal vento di tramontana.

Per questo Emanuele, coadiuvato dal padre, si lancia in questa sfida in un mondo di cui sa ben poco, e sorretto da un grandissimo entusiasmo contatta Marco Casolanetti,  di Oasi degli Angeli, per farsi guidare, in questa nuova avventura.

Decidono di puntare su vitigni tipici dei cugini d’oltralpe. Si pianta  Grenache, Cabernet Franc, Syrah, Carignan, nei 33 ettari vitati che si estendono tutto intorno all’azienda e si decide per una lavorazione che non interferisca con l’ambiente ottenendo da lì a poco la certificazione biologica.

Vigneti a coltivazione intensiva, con una media di 11.000 barbatelle per ettaro, per estrarre dalle uve quei profumi e quei sapori forti tipici di questo territorio, con l’obiettivo di rivalutarlo  perché non è vero che : “ è stato dimenticato da Dio, forse Dio ci si è fermato più di un giorno “.

Per questo Emanuele si prodiga in prima persona a far conoscere i suoi vini, che prima ancora di esaltare la sua azienda, debbono far conoscere il territorio. Il suo ultimo vino, un Cabernet Franc  in purezza, sembra dargli questa possibilità,  perché evidenzia le straordinarie potenzialità di questa zona vinicola.

Negli ultimi anni Emanuele si è lanciato in nuove sfide. Un esempio il vigneto sperimentale di uve a bacca bianca di appena 2000 m. con un impianto di 41.000 barbatelle per ettaro,  in collaborazione con l’università della Tuscia, il cui fine è quello di stimolare la competitività delle piante in condizioni estreme, spingendole ad andare in profondità alla ricerca degli elementi nutritivi e  permettendo loro di trovare stabilità ed equilibrio.

Da ultimo la destinazione di  2 ettari alla coltivazione dei vitigni a bacca bianca, Roussanne e Marsanne con cui si cercherà di dar vita al vino bianco di San Giovenale.

La Cantina  è un concentrato di design ed efficienza.  La parte posta al pianterreno si affaccia sulle vigne, accoglie i serbatoi in acciaio dove si svolge la vinificazione, mentre il grande locale interrato a cui accediamo attraverso un ascensore completamente progettato da Emanuele, mette a dimora le barrique di rovere francese  che accolgono i vini dai diversi vitigni presenti in tutta la proprietà. Emanuele effettua vinificazioni separate per ciascun vitigno che poi vengono utilizzate di anno in anno per l’assemblaggio del suo primo vino l’Habemus.

Siamo molto soddisfatti di aver potuto assaggiare Syrah, Carignan, Tempranillo, Cabernet franc e Grenache di diverse annate direttamente dalle barrique in purezza. Questo ci ha permesso di identificare non solo un territorio, ma anche il comportamento di ogni singolo vitigno nel territorio e nell’anno durante il quale è stato vinificato, Emanuele ci ha fatto assaggiare  3 annate per ogni singolo vitigno e questo ha allargato i nostri orizzonti nella comprensione di un habitat da troppo tempo poco considerato.

La Grenache 2016 ci spinge a chiedere ad Emanuele il motivo della mancanza di un vino dove essa risulti essere l’unica protagonista: profumi fruttati associati a note di macchia mediterranea, si fanno largo tra tanta eleganza e profondità, che colpiscono fino in fondo durante l’assaggio.

Ma anche tutti gli altri assaggi non sono da meno ognuno con la propria particolarità e  il proprio spessore tanto da aver difficoltà a scegliere l’annata e il vitigno preferito.

Ma torniamo ai vini che si possono trovare in commmercio:

Habemus Etichetta Bianca 2015 da uve Grenache, Syrah e Carignan

L’età del vigneto inizia a farsi sentire, e  l’Habemus mette in risalto tutto il suo potenziale, con note fruttate e di spezie dolci che si accompagnano a toni succosi e tannini vibranti, con un finale lungo e piacevole di macchia mediterranea.

Habemus Etichetta Rossa 2014 – 100% Cabernet Franc

Un piccolo capolavoro con note ematiche e di arancia rossa che ben si accompagnano ad un tannino setoso integrato ad un corpo ricco e succoso.

Il vino Rosso di San Giovenale 2015 ( 1000 magnum totali)

Destinato esclusivamente per la mescita, nasce utilizzando le diverse partite dei vitigni che non finiscono nell’Habemus in percentuali tra loro diverse. Riservato soltanto ad una piccola selezione di ristoratori romani, coloro che sin dall’inizio hanno creduto nel progetto dell’azienda. Grande piacevolezza per questo vino che racchiude in sè le caratteristiche di ogni assaggio fatto nelle barrique, coniugando eleganza ad una beva facile e dinamica. Da berne a secchi……con grande godimento.

 

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