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Coletti Conti: grandi vini fatti da chi il vino non lo beve

Non c’è miglior modo per passare un sabato mattina se non godersi il primo sole caldo di primavera scoprendo nuovi vini!  Siamo ad Anagni, città dei Papi e dello Schiaffo a Bonifacio VIII, uno di quei piccoli borghi immersi nella storia tanto da sembrare fermo a quel tempo, con tempi lenti e persone buone. In tarda mattinata di un sabato caldo e soleggiato incontriamo Antonello Coletti Conti, discendente di una nobile famiglia che annovera tra i suoi componenti ben 4 papi, e dopo esserci presentati ed aver preso un caffè lo seguiamo in azienda. La struttura dove ci dirigiamo è un perfetto connubio tra tradizione e progresso dove le strutture storiche dei vecchi casali rurali fanno da specchio alla all’architettura bioclimatica a zero emissioni usata per la sala degustazioni.

Prima di assaggiare i prodotti chiediamo ad Antonello qualche informazione in più su questo vino. Lui, gentilissimo, ci racconta quanto sia antica la tradizione della produzione di questo vino nella zona, apprezzato fin dall’epoca romana dove visse il momento di massima fama e lustro. Queste radici così profonde e salde nel terreno della storia risultano evidenti sull’etichetta dell’Hernicus dove appare una raffigurazione della “Dives Anagnina” . Come quando cade un quadro nel silenzio della notte rimaniamo interdetti, attoniti, increduli e molto stupiti nel momento in cui ci informa, candidamente, di essere astemio e che la sua passione non è fare vino ma la viticultura, cosa che ci risulta evidente e cristallina guardandolo perdersi nel parlare della bellezza che c’è nella simmetria di una pianta di Cabernet Franc. Antonello è una persona fuori dal comune, di quelle sincere, di quelle che non se la prende quando lo guardiamo attonito e, con con l’eleganza propria di una famiglia antica, ci sorride, cambia discorso, e ci parla della sua altra più grande passione: i Pink Floyd. È fatta siamo in sintonia! La visita si fa chiacchierata piacevole ed il tempo passa tra un aneddoto ed un sorso dei sui prodotti. L’azienda, di cui la famiglia è proprietaria praticamente da sempre, produce 4 etichette: due Cesanese del Piglio Superiore DOCG ed altri due vini ad Indicazione Geografica Tipica. Prima di presentarvi i prodotti degustati qualche precisazione sui perché questa azienda, come il proprietario, siano fuori dal comune è d’obbligo. Antonello, da appassionato viticoltore prima che enologo e produttore di vino, ha deciso di aspettare, per la vendemmia, la maturazione fenolica, e non quella tecnologica, dei grappoli. Scelta che sembra averlo premiato vista la qualità dei vini che, intanto, stiamo assaggiando. Lui sostiene che il terreno molto ricco di ceneri vulcaniche, residue dell’eruzione del vulcano di Albano, permettono questa scelta non proprio consueta. La decisione di usare il Cesanese di Affile si allinea con questa intuizione rendendola vincente, la  varietà varietà Affile caratterizza vini più eleganti e con minore irruenza e scontrosità rispetto a quelli prodotti con la varietà Cesanese Comune. Vediamo adesso di presentarvi i vini che abbiamo provato e scoperto..

Arcadia 2015: Un bianco che non ti aspetti, Incrocio Manzoni, sulle colline del comune di Anagni. Un vino che rispecchia tutto l’estro di Antonello, un corpo da rosso da grandi occasioni, aromi profondi dove la frutta surmatura si sposa con spezie sia verdi e fresche che con note di spezie dolci ed orientali, strizzando l’occhio ad accenni di leggera ossidazione il tutto perfettamente amalgamato in una sublime armonia che diventa ancora più intensa e coinvolgente lasciando che la temperatura salga. La caratteristica vulcanica del terreno si fa chiara con una sapidità ed una nota finale amarognola che stemperano la potenza ed i muscoli di un bianco fatto per le carni rosse..

Cosmato 2016: Quello che Antonello ci presenta come “Vino Base”. Maggioranza di Cabernet franc, altri vitigni internazionali e una spruzzata di Cesanese di Affile. Il vino è sottoposto ad un veloce affinamento in piccole botti di rovere per 4 mesi che non vanno ad intaccare un corpo snello e quasi vibrante. Aromi puliti, senza intromissioni esterne, richiamano i vitigni utilizzati, il Franc la fa da padrone e attore principale senza mai risultare una “prima donna” noiosa e statica ma capace di reinventarsi ad ogni assaggio e inspirazione. La bevibilità spiccata lo rende il vino più piacevole e meno impegnativo di tutta la batteria, adatto sia a tavola che durante un aperitivo invernale, poliedrico e mai banale. Un “Vino base” che di base ha ben poco!

Hernicus 2016: Il vino più famoso e anche quello con più equilibrato e poliedrico. Un Cesanese di Affile che affina per 12 mesi, per metà in cemento e per l’altra metà in barriques. L’utilizzo del cemento stempera la potenza del vitigno infondendo eleganza ed una freschezza di aromi e di gusto che spesso si perdono della densità aromatica e gustativa di questi vini. La frutta la fa da padrone, fresca, a bacca rossa e nera con qualche accenno di amarena sul finale a ricordare il tratto distintivo dei vini di questa azienda,  un amaricante finale che lascia la voglia di un altro sorso.  La struttura ed il corpo sono molto spiccati ma mitigati dal passaggio in cemento  che ne incrementa la bevibilità regalando una piacevolezza immediata. Un vino da poter godere durante tutto il pasto e che ben si sposa abbinamenti anche diversi dalla carne.

Romanico 2016: L’ultima annata del vino di punta del Conte. Cesanese del Piglio Superiore DOCG prodotto interamente con Cesanese di Affile.  Un vino al quale bisogna avvicinarsi in punta di piedi, con curiosità e senza pretese. Il fatto che Antonello aspetti la maturazione fenolica per vendemmiare comporta una leggera surmaturazione delle uve in pianta che si sviluppa in un grado alcolico elevato sorretto da corpo e  struttura possenti e indimenticabili grazie ad una lunghezza che sembra attaccarsi alla  bocca con poca intenzione di sparire. Non ancora nella migliore condizione  ma con aspettative elevate. Come trovarsi davanti un uomo maturo che non ha ancora fatto pace con se stesso. Gli aromi non sono amalgamati e ad ogni inalazione cambiano in maniera poco armonica. Una potenza che non ha niente da invidiare ai più  famosi vini italiani con note di frutta a bacca nera e sotto spirito. I 14 mesi di invecchiamento in legno ne addolciscono la potenza integrando nella complessità aromatica aromi terziari di spezie dolci e aromi evoluti di un sotto-bosco che a momenti si fa troppo invadente. In bocca è una deflagrazione di intensità, entra senza chiedere permesso e manda i sensi a soqquadro. Pazienza è la parola d’ordine, lasciare che il palato si abitui ai picchi di intensità, aspettando che si lasci scoprire ed apprezzare. Un vino a cui dare le giuste attenzioni, aspettando che tutto si fonda, aspettando un gran vino.

Romanico  2014: L’uomo incerto di prima adesso è diventato saggio e pienamente cosciente di sé. Il tempo passato e la pazienza hanno creato un risultato che rasenta la perfezione prendendo in considerazione il 2016. Il  naso non la smette di scovare aromi nuovi e diversi che cambiano ogni vota in un susseguirsi di frutta sotto spirito, spezie, legno, sottobosco, foglie morte, pepe. In bocca rimane potente e di una  rara intensità ma più elegante e morbido, come un nobile dovrebbe essere. La costante amarognola si fa più elegante e meno scontrosa come la sapidità che sorregge e compensa un leggero deficit di acidità. Un vino al massimo delle sue forze e delle sue potenzialità con ancora molto da dire e l’eleganza di un fuoriclasse.    

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