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Cinque vini senza solfiti aggiunti per comprendere meglio il ruolo dell’anidride solforosa

Arrivare alla Fattoria Lavacchio non è certo semplice, ci si arrovella tra tornanti e salite ripide, strade strette dove in alcuni passaggi due vetture ci passano a stento, ma una volta arrivati è subito chiaro che tutto quel laborioso percorso è necessario per preservare una perla incontaminata e suggestiva posta sulla sommità del Montefiesole.

All’interno del consueto evento Rock the Wine, giunto alla quarta edizione, è stato deciso di organizzare un seminario dedicato ai vini senza solfiti aggiunti, argomento ed oggetto da sempre a cuore dei proprietari della Fattoria Lavacchio, che ha visto la partecipazione di altre 4 aziende da diverse regioni italiane e di tecnici specializzati nel trattamento di questo argomento di grande attualità. Stefano di Biasi, enologo della Fattoria, insieme a Giacomo Buscioni sono riusciti ad esporre l’argomento in maniera sia tecnica, sia comprensibile ed esaustiva, analizzando le criticità e problematiche alle quali i produttori hanno fatto e fanno fronte decidendo di intraprendere questa strada.  Gli interventi di Di Biasi e di Buscioni  hanno portato alla luce diversi aspetti critici legati alla decisione di non usare anidride solforosa nella produzione del vino quali: l’innalzamento dei costi, la necessità di controlli più accurati e dispendiosi in termini di tempo, l’incertezza e la mancanza di controllo dovuti a dei rimedi sostitutivi che non sempre garantiscono efficacia ed assenza di imprevisti . Particolare accento ed attenzione è stata posta sulle principali azioni svolte dall’anidride solforosa: antiossidante, antiossidasica, solvente ed antisettica ed alle migliori e più comuni alternative possibili come il Glutatione per la pratica antiossidante, la Bentonite per l’ossidasica il Chitosano e il Lisozima per l’antisettica.

Vogliamo precisare un paradosso che, per noi neofiti della chimica, è suonato fuori tempo, con riferimento all’azione antisettica, nel caso si decidesse di sostituire la SO2 con chitosano o lisozima non si sarebbe più in grado di rispettare i termini tecnici per il riconoscimento della certificazione biologica.

Ci sembra doveroso e necessario elogiare l’iniziativa volta alla divulgazione e all’informazione su un tema sempre più a cuore della maggioranza dei consumatori odierni che strizzano l’occhio e ricercano un vino con sempre meno invasività da parte di chimica e laboratori a vantaggio di uno che si presenta a braccetto con la natura e della quale è espressione ed interpretazione diretta e schietta. Le critiche più comuni mosse contro questa filosofia di vinificazione sono sempre state relative al grado alcolico molto alto, alla componente tannica fuori scala ed alla presenza di aromi di bret, quest’ultimo elemento spesso interpretato come caratteristica imprescindibile di questa categoria.

Approcciarsi a questi tipi di vino richiede curiosità, pazienza e calma, sono vini riluttanti a chi cerca immediata soddisfazione in una bottiglia appena aperta. Il sentore di ridotto, accompagnato dall’etereo è costante nella quasi totalità degli assaggi ma si fa via via tenue fino a scomparire rivelando delle complessità aromatiche strabilianti che affascinano il naso e lo lasciano interdetto. Di seguito vi presentiamo un vino di ogni azienda partecipante lasciandovi sempre con un po’ di curiosità.

Azienda: De Stefani: Prosecco Doc, linea Redentore

Azienda: De Stefani: Prosecco Doc 2017, linea Redentore

 

Prosecco Doc prodotto da sola uva Glera con l’utilizzo di lieviti indigeni da colture naturali che fungono anche da protezione dai processi di ossidazione. Il vino non svolge la fermentazione malolattica, per mantenere una spalla acida che riesca a sostenere l’aromaticità dei profumi dell’uva e per resistere alla seconda fermentazione che dura in media un mese e mezzo. La doppia fermentazione non permette di rimanere sotto il limite dei 10 mg/l di solfiti (limite che consentirebbe di non mettere in etichetta la dizione “contiene solfiti”). Questi sono, tuttavia, prodotti delle trasformazioni chimiche degli elementi nell’uva. Nel bicchiere è limpido e brillante, sprigiona immediatamente tutta l’aromaticità tipica del vitigno Glera con un bouquet floreale ed erbaceo di rara ampiezza ed intensità. Dove stupisce è al palato, un corpo insolitamente potente ed armonioso con una bolla che accarezza senza aggredire. L’acidità la fa da protagonista accompagnata da un accenno minerale che incornicia perfettamente corpo e struttura. L’utilizzo di lieviti indigeni, e la lunga sosta a contatto con essi, dona complessità ed eleganza armonizzando perfettamente aromi e sapori senza risultare mai sgraziato o stonato.

Azienda: Alepa: Pallagrello Bianco Terre del Volturno IGT, Linea Privo

Azienda: Alepa: Pallagrello Bianco 2013 Terre del Volturno IGT, Linea Privo

 

Vitigno autoctono dell’area Caiatina, provincia di Caserta, presente nella zona già nel diciassettesimo secolo secondo vari documenti storici, è diventato il punto di forza e peculiarità dell’azienda che ne propone diverse versioni. Quella che abbiamo degustato è stata la Privo B.O.P. (Broken Orange Wine), vino sottoposto ad una lunga macerazione che si presenta con un colore ambrato lievemente nebuloso, risultato della non filtrazione. Lo spettro aromatico è ampio e presenza un’alternanza di note di tiglio, miele e scorza di arancio, aromi freschi e erbacei di ginger, erbe officinali e lavanda. In bocca è ricco e corposo, non risulta mai saturo grazie ad una componente acida estremamente presente e rinforzata da una salinità quasi marina.

Azienda: Fattoria di Lavacchio: Chianti DOCG 2016, Linea Puro

Azienda: Fattoria di Lavacchio: Chianti DOCG 2016, Linea Puro

L’azienda ha sempre cercato, fin dall’inizio, una produzione rispettosa della natura limitando al minimo l’uso di chimica, sia nella cura dei vigneti sia nelle operazioni di cantina. Seguendo questa ottica nasce la linea Puro, vini senza solfiti aggiunti, prodotti con fermentazioni spontanee e tecniche a basso impatto chimico. Il Chianti che abbiamo degustato è un vino incentrato sul frutto, dove il colore purpureo intenso si apre ad un naso netto e deciso dai sentori di ciliegia matura e violetta. Al palato la freschezza di frutta e la succosità sono armonizzate e ben sostenute da un finale tannico con ritorni dolci di amarena.

Azienda: Salcheto: Giallo Oro Toscana Bianco IGT, Linea Obvius

L’azienda si è contraddistinta, fin dall’inizio, per un approccio radicale e senza compromessi in favore della sostenibilità e del rispetto verso ambiente circostante e natura. Costanti sono l’utilizzo di fermentazioni con lieviti indigeni e senza solfiti fino alla creazione, seguendo lo stile dell’azienda, della linea Obvius composta da 4 etichette prodotte, citando l’azienda, con solo uva fino alla bottiglia. Il vino che presentiamo è prodotto da uve Trebbiano e Malvasia Bianca, vendemmiate con accenni di muffe nobili, che fermentano e maturano in Tonneaux senza aggiunta di solfiti. A prima vista colpiscono il colore dorato e la struttura glicerica, con lacrime vicinissime e che scendono lente e quasi a stento, derivanti dall’attacco della preziosa Botrytis Cinerea. Il naso viene svegliato e colpito con un’intensità potente da aromi di albicocca essiccata e fiori d’arancio che si alternano a nocciole tostate e mandorle. In bocca la freschezza prende le redini e porta con sé la struttura di questo vino verso un destino di assoluta bevibilità e persistenza aromatica

 

 

Azienda: Tenuta Sant’Antonio, Famiglia Castagnedi: L’Amarone 2012 Amarone della Valpolicella DOCG, Linea Telos.

 

L’azienda a conduzione famigliare fondata nel 1995 dai quattro fratelli concentra la sua produzione, per il 70%, nella zona della Valpolicella e, per il restante 30%, in quella del Soave. La loro linea Telos, dal greco “realizzazione di un’idea”, si compone di 3 vini prodotti senza l’aggiunta di solfiti né di prodotti chimici ma, per il momento, non sono ancora certificati biologici. L’amarone degustato viene prodotto con le uve Corvina (70%), Rondinella (20%), Croatina (5%) ed Oseleta (5%). Le uve affrontano un appassimento che va dai 45 ai 60 giorni prima di una pressatura soffice con pneumopressa in ambiente sterile di ossigeno. La concentrazione non nasconde la dinamicità di questo Amarone che si apre al naso con una fusione di frutti e note boschive, in un’alternanza di amarene, marasche e corteccia, artemisia e rabarbaro. Corpo e struttura si enfatizzano in bocca, il sorso rimane pieno e scorrevole pur segnando una certa irruenza tannica giovanile.

 

Vogliamo ringraziare le aziende che sono intervenute, i tecnici che hanno esposto in maniera sapiente, sintetica ed esaustiva gli argomenti e, ovviamente, un grazie particolare va alla Fattoria di Lavacchio per accoglienza e disponibilità! Ci auguriamo che questo “Evento zero” abbia molti seguiti al fine di comunicare al meglio ed al maggior numero di persone possibile questo tipo di vini così ancora poco conosciuti e sui quali, molto spesso, permane un alone di mistero e diffidenza.

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